Imu prima casa – Radio Vaticana: intervista ad Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, andata in onda il 25 aprile 2013: Sintesi
“Il ripristino dell’esenzione ICI/IMU per la cosiddetta ‘prima casa’ (rectius: abitazione principale in proprietà) secondo il sistema vigente prima della riforma Monti comporterebbe effetti distorsivi di cui si deve tenere conto: legati alle caratteristiche catastali ed alla qualità edilizia.
Sotto il primo profilo occorre ricordare che non beneficiavano dell’esenzione le prime case appartenenti alla categoria A1 (le case signorili).
Conseguentemente si era rilevata la tendenza del Catasto – Agenzia del Territorio – a ricondurre il maggior numero possibile di abitazioni sotto questa classificazione, al fine di poter applicare l’ICI.
Sotto il secondo profilo (escludendo l’esenzione per le case di lusso, come si vorrebbe da taluni) si introdurrebbe un fattore disincentivante la qualità della produzione edilizia: se le abitazioni di un certo livello qualitativo di lusso non godono dei benefici fiscali è intuitivo che chi produce case da offrire sul mercato tenda a farle rientrare fra quelle di qualità inferiore per offrire all’acquirente condizioni fiscali più favorevoli.
Questo è stato il tipico difetto della famosa legge Tupini che per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta fu la causa della peggior produzione edilizia che l’Italia ricordi.
Le agevolazioni fiscali selettive e qualitative sugli immobili sono distorcenti e fuorvianti.
L’esenzione IMU dev’esser quindi legata alle condizioni economiche soggettive del contribuente e non alle condizioni oggettive dell’immobile.
Ad eliminare l’impatto negativo dell’attuale Imu gravante sulla prima casa, basterebbero alcuni correttivi di carattere soggettivo, cioè riferiti alle condizioni di bisogno o di difficoltà del contribuente; secondo il principio per cui i meno abbienti, non solo debbono esser sollevati dalle imposte, ma addirittura aiutati dal pubblico.
I cittadini debbono esser esentati dall’IMU , non perché posseggono e abitano una casa che presenta determinate caratteristiche, ma perché si trovano in condizioni economiche di disagio e di sofferenza.
Inoltre, se si vuol uscire dalla profonda crisi che attanaglia il settore immobiliare occorrono fatti concreti, in grado di rigenerare negli operatori, negli investitori e negli utenti della casa la fiducia venuta meno.
A cominciare dal ritorno integrale alla normativa (già di per sé assai gravosa) del federalismo fiscale in materia di IMU e di deduzioni forfetarie Irpef per spese manutentive.
La legge istitutiva dell’IMU, quella sul federalismo fiscale municipale, varata nella primavera del 2011 aveva allora considerata l’esigenza di non penalizzare, con un aggravio fiscale comportato da un’imposta che veniva dotata di aliquote maggiorate, ne’ gli investimenti immobiliari a reddito (cioè gli immobili in locazione), né le imprese, per la parte immobiliare di competenza (opifici, negozi, immobili di nuova costruzione destinati alla vendita, ma anche capannoni utilizzati o meno etc.).
Quella legge prevedeva il dimezzamento dell’aliquota base per tutti gli immobili locati e per quelli posseduti dalle società.
Con la normativa attualmente vigente tutto questo è sparito: adesso le imprese per i propri immobili ed i proprietari che affittano pagano con lo stesso criterio che si applica alle ville al mare o ai monti.”
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