“Riforma catastale, salto nel buio” Articolo su QN Il Giorno del 2 0ttobre 2021 – di Achille Colombo Clerici
La riforma catastale, consistente nella sostituzione dell’attuale criterio di valutazione degli immobili basato sulle rendite aggiornate mediante coefficienti moltiplicatori con il criterio fondato sui valori di mercato per metro quadrato, non ha nulla a che vedere con il recupero dell’evasione fiscale e gli immobili fantasma. Siamo tutti d’accordo che l’evasione vada debellata, ed il nostro ordinamento è già dotato degli strumenti allo scopo. Si tratta di renderli efficienti, di perfezionarli e semmai di dotarsi di altri strumenti specifici.
Resta la motivazione di fondo a sostegno della riforma: incrementare il gettito fiscale derivante dagli immobili. Perché è di questo che si tratta. La Commissione Europea, l’Ocse e gli enti allineati insistono nel “raccomandarci” un maggior prelievo fiscale sugli immobili, nel presupposto che in Italia il gettito complessivo del settore, in rapporto al Pil, sia inferiore alla media europea.
Come è mai possibile che ciò possa essere, quando tutti coloro che pagano le imposte immobiliari si rendono invece conto che ormai siamo giunti ad un livello intollerabile? Ammesso e non concesso che l’assunto europeo sia veritiero (occorre infatti verificare bene i tributi che vengono presi in considerazione dai vari stati ai fini del computo) dobbiamo dire che ciò può essere e che l’Europa deve prenderne atto e premere perché si eliminino le cause. Il fatto è che in Italia, a differenza di quanto accade nel resto del Continente, il 60% degli immobili residenziali è fiscalmente improduttivo: non concorre, in assenza di reddito tassabile, al “gettito” non solo con l’Imu, ma nemmeno con l’Irpef, l’Ires, l’imposta di registro, l’Iva. Questo perché ben l’80% delle famiglie abita la casa a titolo di proprietà o equiparato, contro una media europea attorno al 50%. E’ su questa anomalia che occorre lavorare, con una politica che potenzi la locazione.
Del tutto capzioso, poi, il discorso dell’ “invarianza o parità” che la legge intenderebbe assicurare. Che non è invarianza del carico fiscale gravante sui singoli contribuenti, bensì del gettito complessivo introitato dal fisco.
A fronte di tutto ciò il Fisco risponde: una volta entrata in vigore la riforma vedremo le conseguenze. Se ci saranno distorsioni applicheremo i correttivi: in attesa dei quali il “paziente” potrà defungere. Un salto nel buio, dunque. Si è mai vista una legge di cui dichiaratamente non si sia in grado di prevedere gli effetti?

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