E’ la finanza a dettare la linea politica. Articolo su QN Il Giorno del 13 novembre 2021 – di Achille Colombo Clerici

I poteri forti finanziari vengono allo scoperto. Non si accontentano più di indirizzare la politica da dietro le quinte, come è avvenuto negli ultimi anni, ma tendono a venire alla ribalta gestendo essi stessi l’azione politica. Cosa sta avvenendo?

Con un pronunciamento pubblicato il 19 agosto 2019, l’associazione, che raggruppa gli amministratori delegati delle più importanti società degli Stati Uniti ha inteso «ridefinire gli scopi» della società per azioni. I nuovi cavalieri del terzo millennio, riuniti nella Business Roundtable sono passati dallo shareholderism, teorizzato da Milton Friedman nel 1970, allo stakeholderism: cioè dal perseguimento degli interessi degli azionisti, al perseguimento degli interessi dei referenti sociali. Lo statement della Business Roundtable, si è posto come la codificazione di un processo in corso che, come ricorda Andrea Perrone ordinario di Diritto Commerciale alla Cattolica sulla Rivista Studi Cattolici, si evidenzia con alcuni segnali.

Nel 2018 la British Academy aveva avviato un progetto dedicato a The Future of Corporation1; nell’ottobre del 2019 Leo Strine, già Chief Justice della Delaware Supreme Court, la più importante autorità giudiziaria statunitense in materia societaria, aveva pubblicato un «manifesto» sul capitalismo sostenibile (Strine 2019); in tempi ancora più recenti, la Commissione Europea (2020) ha promosso un’approfondita riflessione, prodromica a una proposta di direttiva, sui doveri degli amministratori nella prospettiva di una corporate governance sostenibile.

Cosa sta avvenendo? I poteri forti, cioè i potentati finanziari che condizionano la vita dei governi, ormai sono consapevoli di doversi sostituire ai politici, nella funzione di tenere in equilibrio l’assetto sociale. Sicché ora surrogano il potere politico, ormai latitante in questo ruolo, candidandosi, in modo dichiarato pur in assenza di una legittimazione rappresentativa, a svolgere un ruolo di garante della coesione sociale.

Veniamo all’immediata attualità. A Glasgow, una settimana fa, 450 istituzioni finanziarie (rappresentanti 130 mila miliardi di asset, cioè più o meno due volte il PIL globale) riunite nel Gfanz (Glasgow Finance Alliance net zero) si sono dichiarate pronte ad investire i 100mila MLD di dollari necessari al net zero emissions 2050.

E la politica come reagisce? La politica si limita a rivendicare a parole il ruolo che sta perdendo, di governo della società e di garanzia dei diritti dei cittadini. Le leggi oggi tendono a diventare dei proclami con diffusi preamboli che si sprecano, a mo’ di dichiarazioni d’intenti, nel sottolineare finalità etiche e politiche sempre più generali, astratte e generiche.

La società, nell’immobilità e nell’immutabilità esteriori, vive un cambiamento totale interiore. Il ribaltamento del principio gattopardiano che oggi si declina con “nulla cambi, purché tutto cambi”.

Se pensiamo ad un ideale gerarchia di poteri possiamo ritenere che fino al passaggio del millennio (20 anni fa) l’ordine fosse: politica, burocrazia, finanza. Oggi il primato è appannaggio della finanza internazionale, cui seguono burocrazia e politica.

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